La Grotta dei Fulmini

L’area carsica del Monte Campo dei Fiori è da sempre rinomata e apprezzata nell’ambiente speleologico soprattutto per la presenza di svariate cavità naturali, alcune delle quali di considerevole sviluppo e profondità che, nel corso dei decenni, hanno impegnato i Gruppi speleologici della zona.
Da molto tempo lassù vengono condotte ricerche ed esplorazioni e a tutt’oggi, nonostante siano oltre 200 le grotte mappate, se ne aggiunge sempre qualcun’altra. La Grotta dei Fulmini, così chiamata per la vicinanza con la “Stazione Fulmini” dell’Osservatorio di Monte Campo dei Fiori, rappresenta certamente una tra le scoperte più interessanti degli ultimi tempi, sebbene il suo ingresso sia stato localizzato nel lontano 1990, ad opera di esponenti del Gruppo Grotte CAI Carnago. Un primo intervento fu necessario per rendere percorribile la fessura iniziale e superare un angusto cunicolo discendente, poi i primi esploratori poterono finalmente muoversi senza difficoltà, incontrando ambienti più ampi e spingendosi sino ad una ventina di metri di dislivello dalla superficie, fermati su un’occlusione da frana estremamente instabile e pericolosa.
Ci vollero anni per tentare di superarla, ma poi i lavori in questa grotta vennero accantonati per dedicarsi ad altre. Soltanto nel 2016 si decise di riprendere gli scavi, così nella notte del 12 gennaio 2016 una squadra composta da elementi del G.S. Prealpino e del G.G.CAI Carnago riuscirono, con non poche difficoltà, ad aprirsi un varco tra massi instabili impastati con fango. Venne ricavato un angusto passaggio e sbucarono in un vasto ambiente, una sorta di finestra naturale affacciata nel vuoto, sopra una verticale inesplorata. Scesero entusiasti alcuni pozzi e superarono tratti di galleria, giungendo all’interno di un vasto ambiente che chiamarono poi la “Sala dello Specchio”, per via del fenomeno geologico meglio conosciuto col nome di “specchio di faglia”, ben visibile sulla parete principale. La faglia rappresenta il lento spostamento fra due punti dello stesso strato che in origine erano adiacenti, strati che possono apparire molto lisci e levigati, essendo il risultato della frizione delle due pareti in movimento.
Malauguratamente, dopo questa prima emozionante discesa la frana subì un improvviso cedimento che determinò la chiusura del varco. Per fortuna in quel momento nessuno si trovava in grotta.

Si prospettò subito la necessità di aprire un nuovo passaggio lontano dalla zona di frana, e studiando attentamente le morfologie e la direzione di un cunicolo parallelo, venne individuata una stretta fessura, orientata proprio verso gli ambienti da poco scoperti. Calcolando una distanza approssimativa tra i 7 e i 10 metri, iniziò il lunghissimo e difficile lavoro di sbancamento, opera che richiese oltre un anno di tempo e ben 27 uscite di scavo, operando in condizioni davvero difficili. Anche in questo caso la costanza e la determinazione vennero premiate e finalmente, il 18 marzo 2017 , sotto i colpi di mazza e scalpello cadde l’ultimo diaframma di roccia che separava gli esploratori dal resto della grotta, ritrovando nuovamente il pozzo con le corde ancora appese dalla prima discesa.
Si potè quindi ritornare nella vasta e suggestiva sala terminale ubicata a 100 metri di profondità, dove nei periodi di intense piogge si forma una cascata con un torrente, che dopo pochi metri scompare inghiottito tra le pietre.
Le ricerche della prosecuzione verso zone più profonde sono ora concentrate sul fondo di una galleria che si sviluppa per una trentina di metri sotto la superficie della sala, un’area ristretta dove l’accumulo di argilla e pietrisco impegnano non poco le squadre di speleologi che periodicamente si recano laggiù, a 125 metri di profondità, per proseguire gli scavi e intercettare la via verso zone ancor più profonde e mai viste prima. Le ricerche della prosecuzione verso zone più profonde sono ora concentrate sul fondo di un meandro a 140 metri di profondità, una zona dove lo scorrimento di un ruscello crea un piccolo sifone, oltre il quale molto probabilmente si nasconde la via verso ambienti mai esplorati.






